Per rientrare velocemente nei canoni di una buona e sana alimentazione dopo il carico festivo – quando non si segue un Piano Alimentare Mediterraneo con relative (mie) istruzioni – molti ricorrono al miracoloso mondo delle tisane, proprio quelle che si trovano sugli scaffali dei supermercati, che presentano svariate formule – erbe, radici, frutti, aromi, spezie dagli effetti a dir poco miracolosi – “drenante” “depurante” “snellente” “rilassante” “dimagrante”, ecc.
Fate attenzione però a scegliere le tisane “da supermercato”; se ad esempio una tisana richiama un effetto salutare causato da una specifica essenza, guardate in quale percentuale questa è rappresentata poiché spesso essa si trova in quantità ridicole ed è un obbligo di legge scrivere la corretta percentuale presente nel prodotto.
Le tisane poi devono essere state confezionate da non più di 5 o 6 mesi; controllate quindi la data di scadenza, lo stato di conservazione (se le scatole sono integre) e non esponete l’infuso alla luce (o state attente a dove sono state posizionate le scatole nel supermercato). Meglio ovviamente se di provenienza biologica. Da scartare, invece, quelle che contengono zucchero e la dicitura aromi sia che siano naturali o meno. Personalmente nutro forti perplessità sul concetto di tisana contenente aromi.
Se mirate a un effetto salutistico (attenzione: non terapeutico poiché è prerogativa solo dei farmaci!) è meglio scegliere le tisane mono-ingrediente e lasciarle in infusione almeno 8 o 10 minuti in acqua tiepida.
Inoltre, spesso, vengono decantate le proprietà nutrizionali delle piante: cosa reale se si parla di un loro stato fresco; le piante e, quindi le relative proprietà, si alterano con il passare del tempo e sin dal giorno della raccolta, anche durante l’essiccazione ad esempio, subiscono “variazioni” dalla tecnica di conservazione, per finire con l’estrazione per infusione.
Giusto per semplificare questo concetto, ho scelto di prendere come esempio la salvia (salvia officinalis) e di fare un confronto tra salvia fresca, salvia secca e, infine, con la tisana.
fonte: http://www.bda-ieo.it/, http://sapermangiare.mobi/tabelle_alimenti/006860/100/salvia.htm
Solo leggendo questi numeri capite quanto poco vero sia quello che ci “raccontano” e cioè che la salvia dell’infuso è ricca di vitamine come quella fresca o che le percentuali si mantengano inalterate.
Se proprio avessimo bisogno di bere una tisana, consiglio quella classica fatta di aromi freschi e secchi dal carattere Mediterraneo, raccolti da non più di 5-6 mesi e ben conservati al buio e in contenitori ermetici. E quindi buccia fresca di limone, fiori interi di camomilla, foglie di alloro e menta.
Ricetta per 2 tazze di tisana “classica”
- 1 cucchiaino raso di camomilla +
- 1 foglia di alloro
- scorza di un quarto di limone
- 2 foglioline di menta fresca
- buona acqua oligominerale, ma sarà possibile combinare anche due di questi elementi per ottenere una buona tisana da infuso, ovviamente senza dolcificare.
Se non doveste avere la possibilità di procacciarvi da soli queste poche essenze, allora dovrete affidarvi alle Erboristerie con vere figure professionali (cioè che abbiano un cartellino di riconoscimento – badge – con foto, numero di iscrizione all’albo professionale e/o titolo professionale specializzato, così eviterete gli imbonitori commerciali) dove potrete chiedere informazioni, raccontare qualcosa delle vostre esigenze e del vostro stato di salute, dire quali farmaci assumete o se soffrite di allergie, e così via.
Evitate le tisane fai da tè e comunque non superate le 3 o 4 essenze per volta per un peso complessivo non superiore a 1 grammo. Le tisane non sostituiscono la dose di acqua giornaliera che dovrà essere di due litri poiché è proprio l’acqua che fa i “miracoli” (snellente, depurante, drenante, ecc.), al contrario si dovrebbero consumare non più di una o due tazze al giorno magari come rituale prima di andare a dormire dove anche il corpo, in posizione supina, favorisce il circolo linfatico.
E attenzione ancora alle frodi sulla vera composizione. L’origano secco, ad esempio, (con una metodica della Spettrofotometria all’Infrarosso (FTIR) a lunghezze d’onda tra 900 e 1800 nm), nel 24% dei casi risulta adulterato o, per meglio dire miscelato, con foglie di ulivo, mirto, sommacco, cisto e nocciola. È facile poi allarmarsi se a un tratto diventiamo sensibili a qualche alimento. Ricordate: la qualità paga sempre.
Siate prudenti, infine, nella composizione e nella quantità, specialmente durante la gravidanza, l’allattamento, negli stati di agitazione (se presenti eccitanti), nelle I.R.C. (insufficienze renali), nelle allergie, negli stati di sottopeso, nei problemi alla tiroide (se contengono fucus o altre alghe), nelle litiasi renali.
Differenza tra tisana, infuso o decotto
Spesso tutti e tre i termini suddetti usati come sinonimi, ma in realtà esiste una netta differenza nel modo di estrarre i principi benefici. Si parla di tisana o infuso (questi sì che sono sinonimi) quando l’estrazione avviene per infusione, operazione possibile se gli ingredienti sono fiori o foglie, cioè parti morbide. Come avviene? Si scalda l’acqua quasi alla temperatura di ebollizione, si versa sugli ingredienti scelti e si lascia in infusione per 8-10 minuti. Poi viene filtrata, e infine si beve. Il tè o la camomilla ad esempio sono degli infusi.
Il decotto, invece, si ottiene facendo sobbollire l’acqua insieme agli ingredienti scelti le cui parti devono essere sempre resistenti al calore e dure. Parliamo di radici, bacche, rametti o cortecce. La cosiddetta tisana allo zenzero è più propriamente un decotto. Come si prepara? Basta versare gli ingredienti in un pentolino, aggiungere dell’acqua e far bollire tutto per almeno 10 minuti.
Anche per godere dei benefici della tisana o del decotto, e quindi per estrarne “le proprietà”, bisogna avere pazienza e impiegare il giusto tempo. Va evitato assolutamente l’errore delle preparazioni rapide, e cioè pensare che l’acqua sia pronta appena si colora.