Quando parliamo di “dieta mediterranea” ci riferiamo a un insieme di abitudini alimentari tradizionalmente seguite dai popoli dell’area mediterranea. Vi sono almeno 16 Stati che si affacciano sul Mar Mediterraneo e le abitudini alimentari variano da Paese a Paese a seconda della cultura, delle tradizioni etniche e della religione.
Tuttavia vi sono alcune caratteristiche che accomunano le scelte alimentari:
↣ elevato consumo di cereali, semi, frutta e verdura di stagione
↣ olio d’oliva usato sia per cucinare che per condire
↣ consumo moderato di pesce
↣ pochissimo consumo di carne
↣ poco formaggio e yogurt
↣ moderato consumo di vino, preferibilmente durante i pasti
↣ stile di vita dinamico
E infatti, dieci anni fa, nel novembre del 2010, la “dieta mediterranea” è stata riconosciuta dall’UNESCO Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.
Un patrimonio quindi che “riunisce” le tradizioni dei popoli del bacino del Mar Mediterraneo e quindi di Italia, Spagna, Grecia, Marocco, Portogallo, Croazia e Cipro; abitudini consolidate nel corso dei secoli, rimaste pressoché immutate fino agli anni ‘50, e che vanno oltre una semplice lista di alimenti.
Infatti, come già detto, qui si parla di cultura di vita, di pratiche sociali, tradizionali e agricole.
Non per niente la dieta mediterranea è a tutti gli effetti uno stile di vita che rafforza il senso di appartenenza e di condivisione. Questo perché il “mangiare insieme” non significa semplicemente consumare un pasto, ma vuol dire rafforzare il fondamento delle relazioni interpersonali, promuovere il dialogo e la creatività, tramandare l’identità e i valori di intere comunità.
Inoltre questo stile di vite, schematizzato dai colleghi nutrizionisti, non ha soltanto una valenza nutrizionale, sociale e culturale. Grazie all’impiego di risorse naturali legate al territorio e di emissioni di gas serra non intensive (poiché basate prevalentemente su alimenti vegetali), nel rispetto della stagionalità dei prodotti, del territorio e della biodiversità, la dieta mediterranea garantisce l’equilibrio tra la natura, l’uomo e il rinnovarsi delle risorse.
In poche parole è un modello di dieta “onnivora” salubre e sostenibile, anzi uno dei modelli alimentari più sostenibili per l’ambiente e per la salute, il cui denominatore comune è l’olio di oliva; è uno stile alimentare in grado non solo di ridurre il rischio di sviluppare numerose patologie, ma anche di promuovere e valorizzare il nostro territorio.
A inventare il “concetto di dieta mediterranea” fu lo statunitense Ancel Keys (nell’immagine), nato nel 1904 a Colorado Spring, biologo, fisiologo e nutrizionista presso l’Università del Minnesota che, inviato al seguito delle truppe in Italia durante la Seconda guerra mondiale, si occupò, per conto del Ministero, di un ampio programma sull’alimentazione. Durante il suo soggiorno italiano partecipò al primo “Convegno sull’Alimentazione” a Roma.
Keys rimase così affascinato dal dato della bassa incidenza di patologie cardiovascolari e di disturbi gastrointestinali della regione Campania e dell’isola di Creta che raccolse le informazioni necessarie a dimostrare l’efficacia della dieta mediterranea in maniera scientifica; successivamente si trasferì nel Cilento dove morì nel 2004 all’età di 100 anni.
No, non si tratta di cibi magici, ma di un approccio benefico che evidentemente funziona in modo egregio.