Ho sempre creduto all’incredibile forza della conoscenza. La curiosità e il sapere rendono l’essere umano più libero, più “open minded”… E così, con l’intento di arricchire il mio bagaglio di esperienze, mi sono avvicinato al mondo dei tartufi. Avevo il desiderio di conoscere non solo tutta la sua filiera e, quindi, di studiarne il profilo nutritivo, ma anche di “provare” un’altra attività dinamica da fare nei boschi.
Il tartufo non è certo il pasto di tutti i giorni, ma l’enogastronomia siciliana, in generale, sta facendo passi da gigante per promuovere e “sfruttare” le tante prelibatezze del territorio.
Anche il tartufo, in sé una rarità, si trova con più frequenza sulle nostre tavole.
La nostra mente va subito a “tartufo = costo elevato”. È vero: leggiamo spesso di aste battute a decine di migliaia di euro per pezzi unici (si parla di quasi un chilo); o al prelibatissimo tartufo bianco di Alba in Piemonte o di Acqualagna nelle Marche ( tra l’altro gli unici DOC).
Per non parlare dei neri pregiati, come il tartufo di Norcia; di quelli estivi, dei neri uncinati (il Magnatum Pico, lo scorzone estivo) e così via.
In Italia, tante regioni producono tartufi pregiati e di qualità, e anche la nostra Sicilia non è da meno.
Sui Nebrodi, accompagnato da una coppia di Lagotto Romagnolo, due cani dal fiuto infallibile, ho iniziato questa nuova “ricerca”.
I nostri cavatori (cioè i cercatori di tartufo tesserati) sanno bene su quali versanti e a quali altezze andare, in base al periodo e alla stagione di riferimento, per trovare i tartufi neri uncinati (detto Scorzone invernale): attualmente l’unica varietà trovata in Sicilia.
Durante la mia avventura, insieme a esperti della materia, ci siamo armati di vanghetto e raspino da tartufo. Quest’ultimo è un attrezzo fondamentale, necessario a tagliare le radici nel terreno, perché il tartufo – lo ricordiamo – è un fungo sotterraneo, cioè ipogeo, che vive in simbiosi con le radici di alberi e arbusti specifici (la simbiosi è uno scambio di “proprietà” che due o più specie mettono in atto per vivere meglio). Questi “funghi” sono formazioni rotondeggianti e rugose delle dimensioni di pochi centimetri fino ad arrivare a qualche decina di centimetri (per i più fortunati!).
Il mondo del tartufo è pieno di segreti, capacità e “saperi tramandati” che ogni tartufaio tende a custodire gelosamente, dato che può diventare la sua “fortuna”.
Dunque, dopo averlo ripulito dalla terra, lavato e asciugato, il nostro tartufo è pronto per la tavola. Odorandolo, se ne apprezza la splendida totalità: “profumazione e forma” si esprimono tuttavia al massimo solo dopo averlo tagliato e dopo aver visto le tante venature (marmorizzazione).
Il profilo organolettico dei tartufi neri uncinati è articolato: il profumo è agliaceo, delicato e equilibrato con sentori di nocciola; il sapore gradevole e ben definito di bosco. Io l’ho apprezzato grattugiandolo abbondantemente sul pane con un aghetto di rosmarino.
Profilo nutrizionale
Come le altre specie consimili, il tartufo non è un fungo destinato a un consumo frequente; tale scelta metterebbe in pericolo il fegato e lo stomaco, ragion per cui, parlare di proprietà nutrizionali nel senso proprio del termine, è alquanto riduttivo.
Si tratta, di certo, di un valido alleato in caso di diete dimagranti, perché riesce a regalare un aroma inconfondibile anche ai piatti più semplici, senza il bisogno di aggiungere altri condimenti grassi e/o sale.
Il suo apporto calorico è ridottissimo (31 Kcal/ 100 g) grazie all’elevato contenuto di acqua, fibre facilmente idrosolubili e sali minerali; buono l’apporto di antiossidanti.
Del tutto controindicato per chi soffre di patologie renali ed epatiche.
I principi olfattivi sono determinati dal solfuro di etile, detto anche “essenza di tartufo”, molto utilizzato per sofisticare i tanti derivati del tartufo nero (specie per chi non ha il “naso” di quello fresco).
L’aroma del tartufo bianco è determinato, invece, da un’altra sostanza organica: il bismetiltiometano, ecco perché hanno sentori molto diversi tra loro.
In generale, vanta un benessere psichico, poiché produrrebbe una sostanza in grado di scatenare il rilascio di melanina all’interno dell’organismo, e sono famose le sue spiccate caratteristiche afrodisiache.
Curiosità
I cinghiali o i maiali sono ghiotti di tartufi, ecco perché scavano continuamente i terreni. Un tempo erano loro, infatti, a essere addestrati per la “cerca”.
Persino alcuni insetti sono particolarmente attirati dai tartufi (come la famosa Mosca del Tartufo): conoscerli aiuta.
Questi e tanti altri sono i segni che il cavatore esperto osserva e ricerca quando esplora nuovi territori. Ricordate, infine, che nel bosco è facile perdere l’orientamento, come è successo a me qualche anno fa in provincia di Enna, quindi avvaletevi di un GPS e non andate mai in giro da soli.