Quando si invecchia, le cellule diventano meno abili a sostituirsi e questo avviene anche quando si parla di “percezione del gusto”.
La quantità di degradamento delle papille gustative non è uguale per tutti; tendenzialmente le donne iniziano a perdere la capacità del gusto intorno ai 50 anni, gli uomini intorno ai 60.
Sono gli ormoni, estrogeni e androgeni, che consentono di percepire maggiormente i sapori e che agiscono anche sul rallentamento dell’invecchiamento delle papille gustative.
Un esempio? Nelle brigate di cucina, gli chef più anziani si affidano ai giovani per determinare gli equilibri di un gusto.
L’ipoageusia, cioè la riduzione della sensibilità gustativa, è un pericolo per la salute dell’anziano poiché tenderà a salare e dolcificare in maniera esagerata, esponendosi in tal modo a rischi cardiocircolatori e diabetologici.
Talvolta si arriva anche a una riduzione dell’appetito con conseguente malnutrizione, all’incapacità di identificare cibi o bevande potenzialmente dannose, alla depressione.
Cosa fare?
Quando si iniziano a notare strane abitudini alimentari in persone di una certa età, la scelta migliore è quella di rivolgersi al medico curante perché potrebbero anche essere presenti virus, batteri o traumi alla testa responsabili di danni proprio a quelle zone del cervello preposte alla percezione del senso del gusto. Escluse cause mediche di questo tipo, l’ideale è usare più erbe aromatiche e/o spezie – e meno sale – per far sì che i piatti siano comunque appetitosi e ricchi di sapore.