Il gelato è il re indiscusso delle stagioni più calde. Con quale allegria negli occhi, sia grandi che piccini scelgono i gusti preferiti: un momento di pura felicità sottolineato da sorrisi e visi luminosi.
Ma può il gelato sostituire un pasto? La risposta è sì, specie quello di produzione propria che contiene materie prime di pregio (latte, panna, uova, frutta, etc.). Di certo lo può integrare, ma non più di due volte a settimana, magari a seguito di un impegno sportivo o come compenso per una restrizione calorica (il tipo industriale contiene più aria e quindi meno calorie). In generale, però, chi soffre di diabete, insufficienze renali o altre problematiche metaboliche deve fare molta attenzione.
Al di là dell’appetibilità seducente di un prodotto apprezzato dalla maggior parte delle persone, anche per il gelato bisogna cercare la qualità. Ogni consumatore è sì attratto dai colori, dalla lucentezza, dalla spumosità, dal gusto personale, ma può bastare questa “oculata” analisi a scegliere il gelato giusto? Di certo un esperto ha le competenze e l’esperienza per valutarne la struttura, l’equilibrio del gusto e l’aspetto.
In linea con i miei studi e con gli approfondimenti che la mia professione richiede, ho chiesto informazioni a un famoso Campione Mondiale del Gelato artigianale – Loris Calarco, della Gelateria “Anni 60”, di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) -, un Maestro Gelatiere Artigianale che mi ha illustrato un affascinante mondo di opere d’arte culinarie fatto di tecniche, di progetti e di una ricerca spasmodica della qualità in ogni singolo ingrediente. Ogni gusto deve, infatti, rappresentare l’idea originaria, la maestria e l’esperienza acquisita negli anni: nulla è lasciato al caso. Ogni gusto diventa in tal modo un viaggio, un’esperienza.
Ma purtroppo, a causa di un vuoto legislativo, la dicitura Gelateria Artigianale, è usata anche da chi non potrebbe non solo perché non ha l’esperienza in merito, ma perché non “è affatto un artigiano del gelato”: non ha miscelato, raffreddato e mantecato ingredienti freschi; al contrario, ha scelto e utilizzato semi-preparati di scarsa qualità, neutri sintetici, basi, coloranti, gelati pronti disidratati. In pratica i progetti del gusto sono sostituiti da formule chimiche industriali, le tecniche da additivi, miglioratori e lucidi, e i gusti sono dentro “barattoli belli e pronti” a cui basta aggiungere acqua o latte e miscelarli seguendo le istruzioni, raffreddarli, per ottenere gusti “splendidi”, invitanti, ma vuoti dal punto di vista nutrizionale.
In che modo possiamo evitare di cadere in questa finzione e di essere raggirati?
Ho chiesto lumi al Dipartimento di Biochimica e all’Unità di Ricerca in Scienza dell’Alimentazione del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università “La Sapienza” di Roma, passando così dal mondo della gelateria per entrare in quello biochimico. Un possibile indicatore di gelato artigianale potrebbe essere rappresentato dall’assenza di furosina che si forma durante il processo di essiccazione del latte: chi produce vero gelato artigianale non dovrebbe infatti usare latte in polvere e, inoltre, se utilizzasse solo frutta fresca, i dati relativi alla concentrazione di vitamine ed altri composti bioattivi sarebbe ben diversa. Da un’analisi si vedrebbe, infatti, come questi decadono nell’essiccazione e nell’estrazione.
In sintesi, oltre il 70% delle Gelaterie Artigianali utilizza basi già pronte fornite dalle industrie di semilavorati. La base è quindi composta da emulsionanti e stabilizzanti, alla quale ogni gelatiere aggiunge poi tutto il resto. Pensare che gli ingredienti di un gelato artigianale siano freschi e preparati sul momento è una mera illusione, alimentata spesso da fuorvianti ma di certo efficaci strategie di marketing che inducono a credere in qualcosa di diverso dalla realtà. Seguendo quindi un percorso di distinzione e di posizionamento più chiaro all’interno del proprio settore, molti addetti ai lavori stanno cambiando il termine “artigianale” a “di produzione propria”.
Approfondimento
Il gelato artigianale 100% è fatto di “materie prime genuine, preferibilmente fresche e ingredienti di alta qualità, miscelati nel laboratorio di produzione del gelatiere artigiano secondo la propria creatività. La miscela deve essere portata allo stato cremoso mediante congelamento rapido e contemporanea agitazione per incorporare una quantità di aria variabile dal 25 al 30%”.
Un elemento decisivo, infatti, riguarda i tempi di lavorazione: il gelato va preparato e consumato in giornata (nell’arco delle 24 ore) e gli ingredienti devono essere preferibilmente freschi (soprattutto la frutta), la frutta in guscio di qualità, semi-lavorati di certificata qualità ed origine (es. paste di cioccolato), per alcuni gusti irrisorie quantità di latte in polvere (max 1%) per strutturarlo e addensanti naturali (farina di semi di carrube). Un gelato così buon da mangiarselo con il pane.
Al contrario, la stragrande maggioranza delle gelaterie utilizza come base un semilavorato in polvere per ottenere un gelato cremoso, strutturato, voluminoso e sapido al gusto contenente latte scremato in polvere, sciroppo di glucosio disidratato, destrosio, proteine del latte, grassi vegetali (cocco, palma), emulsionanti: E471, E 472a, E 472b, E 477, addensanti: E 466, E410, E412, aromi, sale. A questo andrà aggiunto un altro semilavorato in polvere, usato come stabilizzante, che a sua volta può contenere: destrosio, addensante E412, amido, poi l’aggiunta di una pasta insaporente, come ad esempio il pistacchio [pistacchi (oltre il 90%), olio di girasole, sale, estratti vegetali, emulsionante: E322, colorante: E 133, antiossidante: E 307, e infine l’aggiunta di acqua, panna, latte per avere un prodotto dalla consistenza e la cremosità tipica del gelato. Ma non è solo l’impiego dei “semilavorati” a declassare il gelato dal punto di visto nutritivo, anche la qualità degli altri ingredienti aggiunti è fondamentale come sostituire il latte fresco di alta qualità con il latte UHT, il cioccolato pregiato con il surrogato, la panna fresca con la panna UHT, la frutta fresca con gli sciroppi di frutta, il caffè arabica con un robusta mediocre, il pistacchio siciliano di Bronte con i pistacchi importati dalla Turchia, le nocciole piemontesi con quelle di altri Paesi più a buon mercato.
Il tocco di classe dei veri maestri è invece inventare gusti e abbinamenti nuovi, proprio come fanno gli chef in cucina. In questo caso, però, il lavoro dell’artigiano consiste nello scegliere la frutta di stagione valutandone il grado di maturazione, con un’attenta selezione ai prodotti DOP, IGP o provenienti da agricoltura biologica, cercando di privilegiare le produzioni locali. L’alternativa è la frutta surgelata oppure puree simili alla marmellata da abbinare agli aromi per rafforzarne il sapore. Anche in questo caso la frutta, le puree e gli aromi non sono tutti uguali e la qualità dipende, come sempre, dal costo.
L’artigiano del gelato dovrebbe esporre tutti gli ingredienti di ogni singolo gusto e dichiarare l’origine degli stessi, perché è soltanto così che il consumatore può essere realmente informato (e garantito) sulla genuinità.
Considerando la vastità delle variabili, diventa infine molto difficile “quotare” i nutrienti contenuti in un gusto di gelato, a meno che non ci si avvalga di strumenti creati appositamente da professionisti del settore alla ricerca della qualità e della sicurezza alimentare come www.letichetta.eu.