Quale cibo se non il pomodoro è perfetto per rappresentare il nostro essere italiani (a tavola) nel mondo?
Da sempre sostengo l’importanza di consumare pomodori maturi, consiglio che vale anche per tutti gli altri ortaggi specie per “quelli colorati” e per la frutta in generale. Nello specifico, durante la maturazione, il pomodoro sostituisce in modo graduale il pigmento clorofilla responsabile del colore verde iniziale con il più importante carotenoide, il Licopene, responsabile del colore rosso.
Il Licopene è un antiossidante Esogeno (cioè proveniente dall’esterno) che alimenta la linea di difesa del nostro organismo, ha azione protettiva, riduce il rischio di tumore e di infarto e rallenta l’invecchiamento.
Il pomodoro ha tante altre ottime peculiarità nutritive; ad esempio è ricco di vitamine del gruppo B, C e D, la sua composizione varia a seconda delle cultivar, della località, della maturazione etc; mediamente è composto dal 93-95% di acqua, 2% di fibra, 3-4 % di zuccheri, 1% di proteine, scarsi i grassi, 0.3-0.6 % di sali minerali come ferro, zinco, selenio, fosfato e calcio che assicurano proprietà riminalizzanti. Sia i grassi che le proteine sono contenuti nei semi e pertanto non sono biodisponibili, cioè non sono assorbibili dal corpo umano.
Si distinguono due grandi gruppi commerciali: il pomodoro da industria, quello cioè per fare la passata e i sughi pronti e quello da mensa o insalataro, vale a dire appunto da consumare fresco. Tra i massimi produttori al mondo la Cina, gli Stati Uniti, la Turchia e l’India. Centinaia le cultivar dalle diverse forme (lunghi, tondi…) e da varie sfumature del rosso (nella maggior parte dei casi), ma si hanno anche quelli bianchi, gialli, verdi, screziati, neri e viola.
Per tutelare anche voi il “made in Italy”, reputato il migliore in assoluto, cercate la dicitura dell’origine del pomodoro impiegato e non fatevi ingannare dalla sede del confezionamento.
In Sicilia esistono svariate cultivar come il pomodorino di Pachino, il Ciliegino, ma su tutte spicca il cosiddetto Siccagno, poiché coltivato senza l’uso dell’acqua, che sarà, a detta degli esperti, anche il futuro dei pomodori; poiché molti terreni sono esausti di sostanze nutritive e la maggior parte delle coltivazioni avviene infatti in serra anticipando il periodo di maturazione e con grosse quantità di acqua, oggi i pomodori sono troppo pieni d’acqua e hanno perso quella concentrazione di sostanze nutritive e gustative importantissime.
La coltivazione massiva in serra determina l’onnipresenza stagionale del pomodoro, falsandone la corretta stagionalità. I pomodori estivi – è questa la stagionalità – non sono paragonabili a quelli invernali: acquosi, scarsi di gusto e quasi sempre indigeribili.
In inverno si utilizzano i pomodori da conserva, seccati o quella rarità detta “a scocca” (dolcissimi il ruccarola, antica varietà tipica del messinese coltivato senza irrigazione e appeso a grappoli ad asciugare). Per questi motivi è auspicabile un ritorno a queste coltivazioni di nicchia soprattuto riassaporare il gusto del pomodoro appena raccolto avendo cura di ridurre al massimo l’impatto (negativo) ambientale.
Attenzione poi a un parassita importato dal Sudamerica: la “Tuta Absoluta” che da circa 15 anni rappresenta un vero e proprio problema anche per le varietà di nicchia, in particolare perché il siccagno non subisce alcun trattamento divenendo quindi vittima di questo lepidottero.
Le piantine vengono piantate a marzo-aprile su terreno sciolto, con una sola irrigazione al trapianto e con la successiva rincalzatura della piantina per non disperdere l’umidità del suolo; viene lasciato crescere a grossi cespugli e raccolti a mano. Dal sapore intensamente dolce e polposo (importante presidio Slow Food).
Attenzione: va consumato con parsimonia da chi soffre di ulcere, allergie e sensibilità al Nichel.