Uno degli alimenti che meglio rappresenta non solo la provincia siciliana di Messina, ma molti altri territori italiani è il pescestocco. È stato scritto di tutto, sono nate associazioni e persino un’Accademia dedicata a questo alimento di cui vi svelerò a poco a poco la storia, la qualità, le caratteristiche nutrizionali, le ricette tradizionali, gli abbinamenti, i luoghi di origine, la preparazione e l’essiccazione. Perché il pescestocco è proprio un toccasana proteico molto apprezzato, in particolare, dai palati un po’ più avanti con l’età.
La differenza tra i metodi di idratazione antica e moderna
Il pescestocco o si ama o si odia. Il suo odore penetrante o il suo sapore “particolare” blocca chi non lo ama. Per gli appassionati, però, iniziamo dall’acquisto: attenzione, infatti, a dove si compra. Bisogna riconoscerne bontà e “gusto” rispetto alle contraffazioni che, quasi sempre, riguardano le tecniche di ammollo per reidratare la sua carne, particolarmente saporita.
Non mancano, infatti, articoli di cronaca sulle “tecniche fraudolente” di reidratazione. A volte lo stoccafisso viene reidratato utilizzando calce edile al posto della calce per uso alimentare (E 526).
Quindi, al centro della nostra indagine per poter acquistare un prodotto di qualità, si trova la bottega giusta, quella cioè che è riuscita a tramandare tutti i passaggi della tradizione e a “modernizzarsi” rispettando però le proprietà e la bontà del prodotto, che sfrutta tutto, persino gli scarti (le rifilature spinose) dai quali ottiene manicaretti di eccellente qualità nutritiva.
Una volta c’era soltanto il pescestocco secco; si trovava nelle specifiche rivendite, avvolto in sacchi di juta che poi venivano battuti per intenerire le carni, e reidratati in vasche piene di acqua freddissima (a + 4 °C).
Il pescestocco secco viene ammollato per 1 giorno in acqua pura, il giorno dopo viene inciso seguendo linee di taglio precise con dei coltelli a forma di falce (ronchetti o falcetti); dopo una successiva idratazione di altre 24 ore, viene asportata la spina dorsale e vengono separate altre parti ossee (pinne natatorie, ecc.), esofago e vescica natatoria. Queste parti, denominate “trippa” o “ventriglio” (ventruzze), sono ricercate da una certa categoria di consumatori, e vengono vendute così come sono, senza ulteriori trattamenti.
La restante parte dello stoccafisso, che viene divisa in due (lame o fette) con un taglio longitudinale, viene infine ripartita in vasche contenenti acqua potabile (batteriologicamente pura), sempre nel rapporto, in questa come nelle fasi successive, di 600 litri di acqua per circa 100 kg di pesce.
Al terzo giorno di ammollo all’acqua potabile viene aggiunto l’1% circa (3-4 kg) di idrossido di calcio (E 526); lo stoccafisso vi rimane per altre 24-48 ore, a seconda della capacità di reidratazione del pesce, per l’operazione denominata “macchiatura”.
Il prodotto è quindi sezionato in “mussillo”, la porzione dorsale, considerata la più pregiata, e “fetta”, la porzione ventrale.
Le parti sezionate sono ammollate in altre vasche utilizzate per le fasi di ammollo, vengono lasciate per 24-48 ore in acqua potabile e poi, per ulteriori 24 ore, in acqua addizionata con 0.1% (1 kg) di bicarbonato di sodio (E 500), per effettuare l’operazione denominata “governata”.
Nei tre giorni successivi si sostituisce l’acqua potabile delle vasche. Ovviamente le modalità possono variare da un preparatore all’altro. Ma mediamente la lavorazione del pescestocco ammollato richiede un minimo di 9 giorni, con un aumento di volume del pesce fino a quattro, cinque volte di più.
Una vera arte è quella della pulitura e della separazione, tramandata e insegnata nelle botteghe nelle quali vi erano dei “maestri” preposti all’insegnamento dei più giovani e meno esperti o semplicemente presenti per “spinare” per conto terzi.
Oggi come oggi, i distributori vendono anche lo stoccafisso ammollato in comodi sottovuoto o ammollato e surgelato in cassette di polistirolo: la pescheria, in questo caso, dovrà solamente mantenere la catena del freddo in acqua batteriologicamente pura intorno a + 4 °C per pochi giorni; comodo sì!, ma è un pescestocco omologato nel gusto e nella consistenza, ben lontano quindi da quello tradizionale.
Entrando, invece, in una tradizionale bottega di pescestocco, ciò che troveremo sarà una serie di vasche piastrellate che si susseguono in base allo stato di lavorazione del pescestocco, fino a quella finale che è “la vasca di vendita”; è tradizione comprare un pescestocco più o meno sodo in base alla ricetta che si vuole preparare, per esempio abbastanza idratato per la ghiotta e meno per l’insalata a crudo. È chiaro che le condizioni igieniche della rivendita sono determinanti, specie se scegliete di consumarlo a crudo. L’uso di additivi nella reidratazione è a norma di legge, questo per sfatare il mito che l’uso di calce alimentare sia vietato, anzi è normato.
Perché si usa l’additivo?
Gli additivi E500 (bicarbonato di sodio, per ammorbidirlo) ed E526 (idrossido di calcio o calce spenta, come regolatore di acidità) sono determinanti per lo sbiancamento e per l’idratazione del prodotto; permettono, infatti, di ottenere l’assorbimento di acqua nel prodotto in un tempo relativamente breve, e svolgono nel contempo un’azione antimicrobica e sbiancante.
Servono anche a prevenire lo scadimento dei caratteri organolettici come l’intorbidamento del liquido di governo, la diminuzione della consistenza della carne, evitando così odori ammoniacali e il gusto poco gradevole.
Ammollo tradizionale
In montagna è più facile “trovare” un prodotto con ammollo tradizionale poiché in questi luoghi utilizzano acque pure e leggere o usano acqua depurata.
In tal modo, al pescestocco viene conferito serbevolezza (cioè l’attitudine di prodotti a mantenere uno stato di buona conservazione per un certo tempo), gusto e consistenza, oltre ad accelerarne naturalmente l’idratazione.
La durata dell’ammollo è variabile: dipende dalle dimensioni del pesce e dalla temperatura dell’acqua. In media ci vogliono dai 7 ai 12 giorni per uno stoccafisso intero.
Comunque molto dipende dalla preferenza del grado di ammollatura e dall’uso che se ne dovrà fare in cucina. In alcuni casi, il pesce servirà più morbido e viceversa; tutto dipende dalla ricetta tenendo sempre presente però che durante l’ammollo il volume del pesce può aumentare fino a tre volte di più. Nel Veneto, lo stoccafisso secco viene venduto rullato o battuto e ciò comporta un tempo di ammollo inferiore di circa tre giorni. Lo stoccafisso ammollato può anche essere congelato e conservato per successive preparazioni. Quindi si può scegliere di ammollarne grandi quantità, metterle nel freezer e usarle un po’ per volta.
Ma in che modo ammollare lo stoccafisso?
Per prima cosa, va eliminata la vescica natatoria (ventruzza) perché potrebbe alterare il sapore finale. Con un grande coltello dentato (coltello da pane) il pescestocco secco va tagliato in tre o in quattro pezzi eliminando la coda. Dopo averlo messo in una ciotola capiente va immerso completamente in acqua freddissima, e lasciato riposare in frigo per circa due ore. Trascorso questo tempo, va sciacquato con cura, poi va cambiata l’acqua del contenitore con altra acqua freddissima e riposto di nuovo in frigo. Dopo 8 ore, si sciacqua di nuovo e si riempie ancora la ciotola con altra acqua freddissima; da qui in poi ogni 8 ore, l’acqua deve essere cambiate per 36-48 ore complessive fino all’intenerimento delle carni. In tal modo, sarà molto più semplice diliscarlo e tagliare le parti spinose. Anche in questo caso, non mancano le “personalizzazioni”, come cambiare l’acqua ogni giorno, aggiungere limoni tagliati nell’acqua di ammollo, ecc.
Ed ecco un pescestocco senza additivi, “realizzato” seguendo il metodo delle vasche con continuo passaggio di acqua fredda di fonte “fattu sulu cu l’acqua”: che bonta!