La responsabilità verso gli altri e la serietà di veicolare informazioni corrette dovrebbe essere al centro di chi ha scelto di lavorare professionalmente nel settore alimentare.
Spesso però, in particolar modo nel delicato settore della nutrizione, vincono l’interesse economico e la vanità del singolo inventando modelli alimentari strampalati e squilibrati.
Questi modelli urlati con metodo e con strategia da terrorismo alimentare in cui gruppi di alimenti vengono letteralmente demonizzati, facendo sì che il soggetto non li assuma; mangiando meno perché “terrorizzato” dai danni che questi cibi potrebbe causargli viene portato ad un dimagrimento che non ha alla base né il concetto di “imparo a mangiare” né quello di “mangio bene, sto meglio”.
La cattiva informazione viene strillata usando un approccio aggressivo sin dai titoli con il solo scopo di terrorizzare. Non da ultimo nessun mezzo di comunicazione viene risparmiato causando veri e propri casi mediatici negativi.
Ma vediamo praticamente quali possono essere degli esempi di terrorismo alimentare:
- le diete vegetariane e vegane che demonizzano le proteine e i grassi di origine animale;
- la dieta a zona e quelle iperproteiche che demonizzano i carboidrati;
- le diete salutiste che demonizzano i grassi di qualunque natura e/o gli zuccheri e i dolci;
- il metodo Montignac che demonizza i cibi ad alto indice glicemico;
- le false intolleranze alimentari dove a seguito di test farlocchi si convince il paziente che è intollerante a cibi ipercalorici come pasta, formaggi, ecc.
Tutti questi metodi all’inizio sortiscono qualche effetto proprio perché il soggetto mangia di meno ma poi, per due ordini di motivi, tale effetto svanisce e cioè:
- il naturale appetito del soggetto viene convertito a ciò che può mangiare; aumenta nuovamente le dosi (tanto le calorie non contano, basta evitare certi alimenti) ed è di nuovo “spacciato”. Chi, per esempio, segue la dieta a zona all’inizio abbandonerà pasta e dolci, e ovviamente mangia di meno; il gusto però a poco a poco si modifica, preferendo il proteico o il grasso (pensiamo a quanti hanno cambiato la propria colazione sostituendo la brioche con il tonno sott’olio) e le calorie ritornano quelle di prima. Idem per chi si è convinto di essere intollerante alla pasta: all’inizio, senza il primo, dimagrisce, poi scopre il riso in tutte le sue salse e il peso lievita nuovamente.
- un eccesso alimentare anche di cibi permessi comporta un aumento calorico, il quale non potrà essere smaltito solo evitando i cibi cattivi, ma si dovrà necessariamente dosare le calorie. Una cena con amici vuol dire anche 900 kcal in più, cioè due etti (considerando l’acqua legata al grasso). Se ipoteticamente si cena fuori anche soltanto due volte al mese, in un anno si possono mettere su fino 5 kg i quali difficilmente si smaltiscono mangiando cibi buoni o eliminando quante più calorie possibili senza un corretto piano alimentare.
Il vero danno sociale del terrorismo alimentare riguarda l’atteggiamento del soggetto che, deluso dalla mancanza di risultati positivi a lungo termine, si convince che per lui è impossibile dimagrire e sceglie un “percorso alimentare” che lo porterà di certo verso una storia di patologie da stile di vita errato.
Ciò che conta davvero e che un professionista della nutrizione deve perseguire è il benessere della persona a tutto tondo e questo può crearsi se si spiega ai soggetti interessati come e cosa mangiar, non come perdere peso.